Le domande sono noiose se conosci le risposte | 2015

COPIONE

 

                                                                di Gianni Lodi

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Personaggi:

  • PADRE
  • FIGLIA
  • COMMISSARIO

 

(Soggiorno-cucina di un interno piccolo borghese)

 

PADRE – Che stai preparando di buono?

FIGLIA – Non lo vedi?

PADRE – Vedo che impasti della farina. Fai la pizza?

FIGLIA – No!

PADRE – Che cosa, allora?

FIGLIA – Ravioli.

PADRE – Che bello. Avevo proprio voglia di mangiare dei ravioli di magro.

FIGLIA – Non sono di magro.

PADRE – Non sono di magro? Ma sai che sono vegetariano!

FIGLIA – Come potrei dimenticarlo? non fai che ripeterlo ogni giorno…

PADRE – E allora perché prepari ravioli con la carne?

FIGLIA – Perché non sono per te!

PADRE – Come non sono per me?

FIGLIA – No, non sono per te.

PADRE – E per chi sono, allora?

FIGLIA – Per gli amici da cui vado a cena. Va bene?

PADRE – Stasera esci a cena, e dove vai?

FIGLIA – Non t’interessa. Vado dove mi pare, posso?

PADRE – Oh certo, figurati…alla tua età…

FIGLIA – Ti ringrazio della fiducia.

PADRE – Ma e… quei ravioli li porterai tutti con te?

FIGLIA – Ci puoi giurare.

PADRE – E io cosa mangio di buono?

FIGLIA – Non lo so e non m’interessa.

PADRE – Che modi hai sempre! Ravioli…di carne, che gusti barbari…sono molto meglio quelli di magro, non c’è dubbio.

FIGLIA – Papà, chi se ne frega di cosa piace a te! Sono io che vado a mangiar fuori, o no?

PADRE – Beh, si, mangi fuori, però non vai al ristorante…

FIGLIA – Oh insomma, vado dove mi pare! Smettila di piagnucolare.

PADRE – Ma perché sei così sgarbata? Rispondi sempre male, come se ce l’avessi con me.

FIGLIA – Quando fai così non ti sopporto, tutto qui! A volte mi togli proprio il respiro.

PADRE – Ma sei mia figlia, la mia bambina. Ti ho messa al mondo io…non mi vuoi un po’ di bene, non senti un po’ di gratitudine?

FIGLIA – Che c’entra questo. A parte che non te l’ho chiesto io di mettermi al mondo.

PADRE – Cosa dici? Pensa se ti sentisse la povera mamma.

FIGLIA – La mamma non mi può più sentire.

PADRE – Appunto e…non ti manca la mamma?

FIGLIA – Certo che mi manca. Tu non puoi immaginare quanto.

PADRE – Vieni qui piccolina, fatti abbracciare. Manca tanto anche a me la mamma…

FIGLIA – Per favore, non vedi che ho da fare? Sono già in ritardo!

PADRE – Mi sento così solo e tu non mi aiuti certo a vincere la solitudine.

FIGLIA – Faccio quel che posso, papà. Oggi è dura per tutti. E’ sempre più difficile il mestiere di vivere.

PADRE – “Il mestiere di vivere”? Ma è il titolo di un libro di Cesare Pavese!

FIGLIA – Che cosa?

PADRE – “Il mestiere di vivere”: è il suo diario. Quando l’hai letto?

FIGLIA – Ma figurati se l’ho letto. Sai che mi annoia leggere, soprattutto i diari poi. Forse ne ho sentito parlare quando andavo a scuola

PADRE – “saprò diventare come vuoi” scriveva Pavese a un’amica qualche tempo prima di spararsi. Sembra una battuta di Pirandello, non ti pare? Pirandello almeno lui sai chi è?

FIGLIA – Si, credo di si. Ma che vuoi da me, stasera? Sei più ossessivo del solito, mi sembra di essere agli esami!

PADRE –“I giganti della montagna”! Il suo dramma incompiuto e forse… il più bello. Il monologo di Cotrone, l’ho recitato quand’ero giovane. Aspetta, vediamo se me lo ricordo ancora: “Potevo essere anch’io, forse, un grand’uomo, Contessa. Mi sono dimesso. Dimesso da tutto: decoro, onore, dignità, virtù, cose tutte che le bestie, per grazia di Dio, ignorano nella loro beata innocenza. Liberata da questi impacci, ecco che l’anima ci resta grande come l’aria, piena di sole o di nuvole, aperta a tutti i lampi, abbandonata a tutti i venti, superflua e misteriosa materia di prodigi che si solleva e disperde in favolose lontananze. Guarda alla terra, che tristezza!” Ah, l’eterno conflitto tra rovina della condizione umana e tripudio di quella spirituale, espresso con quello struggimento, che solo lui sapeva cogliere.

FIGLIA – Si, papà l’ho colto “l’eterno conflitto tra rovina e tripudio”, stai tranquillo. Adesso però dimmi dov’è il tagliapasta. Non si trova mai niente in questa casa!

PADRE – Guarda bene, sarà in qualche cassetto…

FIGLIA – Tu e la tua mania di tenere tutto. Quante cose inutili in questi cassetti!

PADRE – Vuoi dire che anch’io sono una cosa inutile e dovrei essere portato in discarica?

FIGLIA – Ti prego, papà, sempre con queste scene da tragedia greca. Tranquillo, nessuno ti vuole togliere di mezzo.

 

(Suono insistente del campanello d’ingresso)

 

PADRE – Chi può essere a quest’ora, aspettavi qualcuno?

FIGLIA – No, nessuno. Va beh dai, vado io ad aprire.

(Avviandosi alla porta) Chi è?

COMMISSARIO – Sono il commissario di polizia. Dovrei conferire con lei e suo padre

FIGLIA – Ah si, le apro subito. (rivolta al PADRE)  E’ il commissario di polizia. Sarà qui per la signora Ebe, immagino.

PADRE – (dirigendosi verso il COMMISSARIO, che sta entrando) Buonasera, entri pure. Scusi il disordine, mia figlia stava cucinando… Si accomodi, prego.

COMMISSARIO – Mi dispiace per l’orario. Che profumino nell’aria. Ah, ma non divaghiamo. Purtroppo sono qui per una cattiva notizia.

FIGLIA – Oddio, no! Non si tratta della signora Ebe, vero? Non si è ripresa, è ancora in coma?

COMMISSARIO – No, non si è ancora ripresa… (pausa lunga) …la signora Ebe…non è uscita dal coma…anzi…la signora Ebe…è morta.

PADRE – No, non può essere. Non era in imminente pericolo di vita!

COMMISSARIO – Sembrava di no, anche se la caduta dovuta all’aggressione aveva avuto gravi conseguenze. Il coma non si sa mai a cosa può portare. Aspettiamo l’esito dell’autopsia. Comunque non c’è stato niente da fare, un aggravamento improvviso e…non sono riusciti a salvarla.

FIGLIA – Oh no, no! Non è possibile. Povera signora Ebe…come mi dispiace…

PADRE – Ma che disgrazia! Ero stato proprio ieri a trovarla in ospedale. Sembrava in condizioni stabili, come mi ha detto l’infermiera. Certo non parlava, ma ho avuto come l’impressione che mi riconoscesse, che si rendesse conto che ero lì.

COMMISSARIO – Forse…chissà. Non credo però. Dopo l’aggressione non aveva più ripreso conoscenza. Ecco si, ma adesso vediamo un po’….parliamo di quel pomeriggio quando la signora Ebe è stata aggredita qui, nel suo appartamento proprio sotto il vostro.

FIGLIA – Ah si, certo. Che momenti terribili…quando l’abbiamo saputo.

COMMISSARIO –  (rivolto alla FIGLIA)  Lei era in casa, signorina?

FIGLIA – Si, ero da poco rientrata dal lavoro un po’ prima del solito, come capita a volte. Non ho sentito niente di particolarmente allarmante. Forse un tonfo a un certo punto, ma non era un rumore anomalo, era come quando cade qualcosa d’ingombrante. Non mi sono preoccupata. Si figuri se potevo pensare a un’aggressione. Questa è ancora una zona tranquilla, in cui finora non era mai successo niente di pericoloso. Tutto qui.

COMMISSARIO –  (rivolto al PADRE) Ecco si, mi dica: e lei dov’era quel pomeriggio?

PADRE – Ero uscito come tutti i giorni. Arrivato fino in centro, mi sono guardato un po’ intorno, qualche vetrina…Poi piano piano sono tornato. Così come faccio sempre.

COMMISSARIO – C’è qualcuno che possa confermare queste vostre dichiarazioni, un testimone che vi abbia visto?

FIGLIA – Veramente non saprei. Sono arrivata e ho parcheggiato qui sotto. Non dovevo fare la spesa perché ci pensa il babbo la mattina. Quindi sono salita direttamente in casa. Che io sappia nessuno mi ha vista. Cioè in molti mi avranno vista, ma non so indicarle chi in particolare…passanti…persone che non conosco…

COMMISSARIO – (rivolto al padre) E lei?

PADRE – Anch’io non ho incontrato nessun conoscente per strada, ormai gli amici o sono morti o se ne stanno chiusi in casa a guardare la TV anche di pomeriggio. Però, scusi, mi suona come una parola un po’ forte “testimone”, come se fossimo in un’aula di tribunale. Per caso, ha dei sospetti su di noi, commissario?

COMMISSARIO – Se permette le domande le faccio io.

PADRE – Si, certo. Però questa sua risposta non fa che confermare i miei dubbi. Dunque siamo dei sospettati o meglio ancora degli indiziati? Ce lo dica, per favore.

COMMISSARIO – Beh, ve la siete cercata tutti e due, signori miei. Sembra che nessuno vi abbia notato in una fascia oraria cruciale, quella dell’aggressione alla signora Ebe. Aggressione che ne ha poi provocato la morte, non dimentichiamolo. Di omicidio dunque si tratta, non certo di una ragazzata!  E non sono sospetti infondati quelli su di voi.

FIGLIA – Sospetti su di noi…?

COMMISSARIO – Beh, insomma…C’è qualcosa che va chiarito. Ad esempio, il portone d’ingresso non è stato forzato. Ma soprattutto non è stata forzata la porta dell’appartamento della signora Ebe. Quindi si può presumere, con una buona dose di certezza, che la povera signora conoscesse la persona cui ha aperto la porta. E voi avevate un rapporto piuttosto confidenziale con lei, o sbaglio?

PADRE – Ma certo, siamo tutte persone per bene in questa casa. Poi la palazzina è composta solo da quattro appartamenti e quindi non solo ci conosciamo, ma c’è molta confidenza tra noi. E’ impossibile non incontrarsi quasi quotidianamente e spesso anche farsi visita reciprocamente.

COMMISSARIO – E l’appartamento di fianco al vostro?

PADRE – Quello è sfitto da tempo. C’è un contenzioso tra gli eredi di non facile soluzione. Non riescono a mettersi d’accordo, insomma. E’ uguale a questo. Certo ora è un po’ trascurato, ma rimane un bell’appartamento.

COMMISSARIO – E l’appartamento sullo stesso piano di quello della signora Ebe?

PADRE – Lì ci abita la signora Flora, una donna sola e tanto, tanto anziana. Non so come faccia a cavarsela senza la badante. In effetti, nonostante l’età esce tutti i giorni a fare la spesa e riesce anche a gestire la casa. Ha perso un po’ di lucidità, ma è ancora piuttosto in gamba.

COMMISSARIO – A proposito della signora Flora. Ecco lei ad esempio è una testimone…

PADRE – Una testimone e…di che? Non ci tenga in ansia, ci dica, ci dica…signor commissario.

COMMISSARIO – Certo che ve lo dirò, ma a suo tempo. Sappiate comunque che vi riguarda da vicino, da molto vicino

FIGLIA – Non ci tenga così sulle spine, commissario. Cosa dice la signora Flora?

COMMISSARO – Anzitutto è l’unica che è certa di aver sentito del trambusto in casa della signora Ebe quel pomeriggio.

FIGLIA – Beh anch’io ho riconosciuto d’aver sentito qualcosa…

COMMISSARIO – Si, però in maniera incerta e reticente, tipica di chi non è sicuro di sé e fa delle mezze ammissioni.

FIGLIA – Senta commissario, io non ho incertezze sul mio comportamento…è che non sono abituata a questo tipo di conversazione.

COMMISSARIO – Dovrà abituarsi, credo proprio che dovrà abituarsi, signorina.

PADRE – Signor commissario a questo punto non ci può tenere così sulla graticola. Ci dica, per favore, ci dica.

COMMISSARIO – A suo tempo, tutto a suo tempo. Torniamo alla signora Ebe. Quindi, se ho capito bene, vi frequentavate con una certa assiduità. Che vita faceva, che persone frequentava, chi era insomma?

FIGLIA – Era senz’altro una donna riservata, molto riservata. Non so neanche bene da che città venisse, non era di qui infatti. Mi parlava di una vita difficile, accidentata. Due matrimoni alle spalle, entrambi falliti in malo modo, anche se per fortuna senza figli.

COMMISSARIO – Si, ma sono tutte cose che so già! Qualcosa di più confidenziale?

FIGLIA – Mi diceva di aver riallacciato i rapporti con un suo antico amore, un compagno di università, che allora l’aveva mollata per sposare un’altra, pensi un po’. Di recente però lui era rimasto vedovo e lei, la signora Ebe, lo aveva cercato per vedere se fosse magari possibile ritrovarsi, rivivere una vicinanza che a suo tempo era stata molto, molto profonda.

COMMISSARIO – Conosce il nome di quest’uomo?

FIGLIA – Non eravamo così intime da spingermi a chiederle particolari tanto riservati. Sa, io sono molto attenta alla privacy. E poi lui non era di qui e quindi non l’avrei potuto conoscere.

PADRE – Anche a me aveva accennato a questa storia, finita poi in modo così sorprendente.

COMMISSARIO – Cioè?

PADRE  – Sembra che i primi incontri fossero stati entusiasmanti, così almeno raccontava lei. Lui l’aveva trovata avvenente come e forse più di prima, di una bellezza a cui il tempo aveva aggiunto dei tratti, a suo giudizio, incantevoli. Evidentemente non apparteneva alla schiera degli uomini maturi attratti da donne molto più giovani.

COMMISSARIO – A proposito lei, che pure è vedovo,  non ha mai pensato di rifarsi una vita?

PADRE – Francamente no! Mia moglie era davvero unica. Era dotata di un fascino particolare, che forse sfuggiva ai più, ma che per me era irresistibile. Non avrei in nessun modo potuto sostituirla con un’altra donna. E poi ho una figlia meravigliosa. Sembra intenzionata a rimanere single e a condividere con me questa casa. Io ne sono felicissimo anche se un nipotino non mi sarebbe dispiaciuto. Ma sa oggi le cose vanno così e non mi sogno certo di forzarla. Mi sforzo invece di farle oltre che da padre anche un po’ da madre.

COMMISSARIO – Che bel quadretto familiare…

FIGLIA – Coi tempi che corrono non è facile a credersi, lo capisco. Ma non è lontano dal vero quel che dice mio padre.

COMMISSARIO – Non lo metto in dubbio. Poi comunque parleremo anche di questo. Ora torniamo a noi, dobbiamo finire con la storia della signora Ebe.

FIGLIA – Si certo. Entrambi, lei e il vedovo, assistono increduli al miracolo di un amore nuovo, che ha dei forti legami con il passato, ma non ne è la replica. E’ qualcosa di più consapevole e… maturo. Lui si lascia trasportare così tanto dal nuovo sentimento da arrivare a proporle la convivenza. A quel punto succede qualcosa che neanche lei riusciva bene a spiegarsi mentre me ne parlava. Sta di fatto che più lui si lasciava prendere dall’entusiasmo di un nuovo legame, più lei sentiva il bisogno di tirarsi indietro, di prendere tempo, di difendersi dalle sue pressioni. E allora  gli chiede di darle tempo per conoscersi meglio, come se all’università non si fossero frequentati per anni! Mah, insomma accade che la ritrosia di lei evolve prima in freddezza, arriva al fastidio e finisce che lo liquida per telefono.

COMMISSARIO – Un esito sconcertante, motivato da che, poi?

FIGLIA – Forse il tentativo inconscio di realizzare un’oscura vendetta. Il lasciante di allora diventa il lasciato di adesso, mentre la lasciata diventa la lasciante. Nemesi storica si potrebbe commentare volendo fare della facile filosofia.

COMMISSARIO – E bravi! Ecco confezionato su misura un potenziale assassino. L’innamorato respinto, che però non si sa bene chi è, da dove viene, ma che poteva avere del rancore nei confronti della signora Ebe. Perfetto!

FIGLIA – Ma cosa dice, commissario? Io e mio padre non abbiamo fatto altro che aprirle qualche spiraglio sulla sua vita. Abbiamo solo risposto a una sua richiesta, insomma!

COMMISSARIO – Non sono così ingenuo come la mia aria bonaria può far pensare. Siamo di fronte ad un’aggressione a una donna indifesa, sfociata in omicidio, con l’assassino che entra indisturbato in casa della vittima e nessuno di voi sente niente, vede niente, sa dire niente se non pettegolezzi di quart’ordine. Ma per favore…

PADRE – Non può però pretendere che glielo risolviamo noi il caso, mi scusi!

COMMISSARIO – Va bene allora parliamoci chiaro. Scopriamo le carte. L’altra vicina, la signora Flora, che secondo voi è mezzo invalida, guarda caso ha visto e sentito qualcosa.

FIGLIA – Finalmente ci siamo. Insomma ce lo dica, avanti! Cos’ha visto la signora Flora?

COMMISSARIO – Insospettita dai rumori provenienti dall’appartamento di fronte, la signora Flora s’è messa a guardare dallo spioncino della sua porta. C’è voluta un po’ di pazienza, ma poi la porta di fronte si è aperta lentamente e qualcuno ne è uscito con molta circospezione.

FIGLIA – Beh, ma allora il caso è risolto. Basta chiedere alla signora Flora chi ha visto uscire dall’appartamento di fronte…

COMMISSARIO – E crede che non l’abbia fatto? Come sappiamo però la vista della signora Flora non è delle migliori, data l’età appunto. Aggiungiamo l’effetto distorcente della lente dello spioncino e il fatto che aveva gli occhiali. Risultato: tutto quello che ha visto è una sagoma femminile…

PADRE – Come una sagoma femminile?

COMMISSARIO – Si, caro lei. Una sagoma femminile.

FIGLIA – Oh mio dio, una donna! Ma non aveva amiche strette, solo qualche conoscenza occasionale, perlomeno che sappia io…

COMMISSARIO – Dovrò farle domande più stringenti d’ora in poi, signorina. Sembra infatti che la donna in questione, invece di dirigersi verso il portone d’ingresso per uscire in strada, sia salita su, verso questo piano. E visto che l’altro appartamento è sfitto non rimangono molte alternative sull’identità di quella donna

FIGLIA – Ma cosa dice commissario? Vuole insinuare che quella donna ero io?

COMMISSARIO – Se lei fosse nei miei panni cosa le verrebbe da pensare, mi dica?

FIGLIA – Escludo categoricamente d’essere stata in quell’appartamento quel pomeriggio, lo escludo categoricamente!

COMMISSARIO – Gli indizi che ho raccolto non sembrano confermare questa sua smentita così drastica.

FIGLIA – Signor commissario, come si permette di dubitare delle mie parole?

COMMISSARIO – Siamo ancora nella fase indiziaria, signorina, ma le consiglio di fare molta attenzione a quello che dirà d’ora in avanti e anche a come lo dirà!

PADRE – Beh, c’è un’altra possibile spiegazione. Ammesso che la signora Flora abbia visto realmente una “sagoma femminile” uscire dall’appartamento, cosa che dato lo stato della sua vista può essere opinabile, questa “sagoma femminile” potrebbe essere salita al piano superiore in attesa di uscire dal portone in un momento meno compromettente per lei, per guadagnare tempo…che ne so?

COMMISSARIO – Ma più compromettente del rifugiarsi su un pianerottolo dove qualcuno avrebbe potuto facilmente incontrarla, mi dica lei? Tanto più se si fosse trattato di una persona venuta da fuori. Che ne poteva sapere se voi eravate o no in casa e che l’altro appartamento era disabitato?

PADRE – Forse, ancora preda dello shock per l’atto commesso, ha sentito il bisogno di rifugiarsi al buio…per riprendersi un po’…

COMMISSARIO – Ma dove vivete? Gli assassini oggi sono persone lucide e determinate, non certo persone fragili come immagina lei. Ma torniamo a noi, signorina, che rapporti c’erano tra lei e la signora Ebe?

FIGLIA – Papà, che rapporti avevamo con…?

COMMISSARIO – L’ho chiesto a lei che rapporti aveva con la signora Ebe!

FIGLIA – Beh, si, come diceva il babbo ci si vedeva per…

COMMISSARIO – Lasci stare suo padre, per favore! Mi dica, lei che rapporti aveva?

FIGLIA – Oh, mio Dio, ma devo proprio misurare ogni parola! Va bene, d’accordo. Starò più attenta. Ecco, allora…andavo qualche volta a casa sua, magari dopocena se non dovevo uscire con gli amici.

COMMISSARIO – O con le amiche, piuttosto?

FIGLIA – Si certo, anche con le amiche. Ma mi sbaglio o nelle sue parole c’è un’allusione? Cosa vuole insinuare, signor commissario, quando parla di amiche?

COMMISSARIO – Non sono insinuazioni. Dalle prime informazioni che ho acquisito è emerso che lei frequenta di preferenza ambienti Lgbt o sbaglio?

PADRE – L…bt, ma cos’è?

COMMISSARIO – Sono quei locali riservati a lesbiche, gay, bisessuali e transgender, insomma i luoghi di ritrovo di queste…minoranze riunite nella sigla Lgbt.

PADRE – Ma cosa c’entra mia figlia con il…L…bt?

COMMISSARIO – Lgbt, ha dimenticato la g, non lasci fuori qualcuno di questa bella gente, per carità!

PADRE – Ma insomma mi volete spiegare…

FIGLIA – Si papà, frequento un gruppo di amiche, diciamo, un po’ particolari! Ma così, per uscire un po’ dall’atmosfera asfissiante di questa città. Che c’è di male? Sai che mi piace essere un po’ anticonformista!

PADRE – Ma tesoro, devi stare attenta. Sai che le persone ci mettono niente a etichettarti, a ghettizzarti. E una volta che c’è il sospetto…

FIGLIA – Insomma basta con questa ipocrisia! Siamo ancora ai tempi della caccia alle streghe? Mi sembra che i diritti civili siano andati avanti. Non siamo più nel Medio Evo, o mi sbaglio?

COMMISSARIO – Certo, certo, le cose sono cambiate da allora, ci mancherebbe! Ci siamo aggiornati e, come vuole la modernità, stiamo riconoscendo diritti a…cani e porci.

FIGLIA – Signor commissario, stavolta l’invito io a controllarsi. Per favore, moderi i termini!

COMMISSARIO – D’accordo, mi scusi. Ma torniamo a noi…

PADRE – Eh no, ma scherziamo. Io voglio capire meglio questa storia del Lg…b…t. Cosa c’entri tu?

FIGLIA – Uffa, papà. Non possiamo parlarne dopo, in privato? Abbi pazienza, dai!

COMMISSARIO – Purtroppo sono io a non aver più pazienza, signorina! Io sto lavorando a un caso di omicidio e voglio delle risposte precise alle domande che le sto facendo in modo molto, molto circonstanziato.

FIGLIA – D’accordo. E tu papà stai calmo, dopo ti spiego tutto, vedrai. Tranquillo, non è niente di grave!

COMMISSARIO  – Possiamo ricominciare, per favore? Allora, lei frequenta un gruppo di amiche…lesbiche, posso dire così senza urtarla? Liberissima di farlo, per carità…

FIGLIA – Per fortuna…almeno questo!

COMMISSARIO – La signora Ebe aveva qualcosa a che fare con queste sue frequentazioni? Glielo chiedo perché sono ambienti questi piuttosto turbolenti, fonte incessante di disordine, di disturbo e di microcriminalità.

FIGLIA – Ma per favore! Dove vive lei, sono io adesso a chiederglielo?

COMMISSARIO – Nell’occhio del ciclone vivo, signorina. E non ha idea di quante denunce per piccoli furti, ricatti, violenze, prepotenze e altro arrivano proprio da questi ambienti.

FIGLIA – E non vogliamo invece parlare di quello che succede nelle cosiddette famiglie normali: bambini messi in lavatrice, ogni tre giorni una donna uccisa dal fidanzato, dal marito, dal vicino di casa. Le sembra questa la normalità?

COMMISSARIO – Si tratta di casi estremi, poco rappresentativi dell’intera popolazione, che nel complesso è ancora molto vicina ai valori positivi della famiglia, al contrario di chi vuole snaturarla questa famiglia, se non addirittura distruggerla!

FIGLIA – Si documenti, commissario. Per le donne tra i sedici e i quarant’anni il femminicidio è la prima causa di morte, le basta questo come dato?!

COMMISSARIO – (ridendo in modo sarcastico) Ma è una bufala circolata su Internet, e tutti ci siete cascati.

FIGLIA – Mi dispiace per lei, ma è stato smentito che fosse una bufala. Si documenti meglio! Comunque questo suo atteggiamento è censurabile, signor commissario, una vera e propria discriminazione su base sessuale.

COMMISSARIO – Adesso non esageriamo, signorina per favore. Non siamo in un talk show e non c’è un pubblico da far indignare e a cui strappare l’applauso. C’è piuttosto un cadavere a cui qualcuno ha spaccato la testa con un vaso da fiori. E io devo scoprire chi è stato e perché, chiaro? Adesso procediamo, per favore!

FIGLIA – D’accordo. Allora dichiaro formalmente che la signora Ebe non aveva niente a che fare con le mie frequentazioni…particolari.

COMMISSARIO – Va bene, allora mi vuole dire su cosa erano incentrati i vostri incontri, che da quanto capisco non erano poi così infrequenti.

FIGLIA – Si certo, c’era un buon feeling tra me e lei. Ma non pensi ad…altro, non è certo il caso! C’eravamo simpatiche, come si dice, tutto qui. Voglio molto bene al babbo, anche se spesso mi fa perdere la pazienza. A volte scambiare due parole con una persona che avrebbe potuto essere mia madre, per l’età intendo, era piacevole. E poi era così comodo, proprio sotto casa! Un rifugio così caldo e accogliente…

COMMISSARIO – E’ sicura di dirmi tutta la verità?

FIGLIA – Orge dalla signora Ebe non ne abbiamo mai organizzate, se è questo che vuol sapere!

COMMISSARIO – La invito di nuovo a non divagare, signorina. Vada avanti, per favore. Quello che mi sta dicendo mi sembra un po’ poco per giustificare una frequentazione, che possiamo definire abbastanza assidua, o sbaglio?

FIGLIA – Mi lasci pensare…ah si, certo. C’era un’altra cosa che mi intrigava della signora Ebe: faceva i Tarocchi. Ed era piuttosto brava. Andavi lì col tuo problema del giorno o della vita secondo i casi e lei con le sue carte strane, con quelle figure bizzarre: il Matto, la Morte, gli Arcani…, cercava una soluzione ai tuoi problemi. O meglio più che una soluzione, un’interpretazione, che poteva aiutarti a risolvere o ad affrontare meglio quel problema.

COMMISSARIO – E lei pagava per questa cosa dei Tarocchi?

FIGLIA – Ma no, era fatto tutto in amicizia. In cambio io le portavo delle caramelle, dei cioccolatini…era piuttosto ghiotta di dolci, povera signora Ebe…

COMMISSARIO – Però io ho l’impressione che stiamo girando a vuoto. Mi sembra la fiaba di quella bambina che va nel bosco, come si chiama…

FIGLIA – Cappuccetto Rosso, che attraversa il bosco per andare a trovare la nonna per altro già mangiata dal lupo, che a sua volta si presenta travestito da nonna. Anche lui un trans…a suo modo…

COMMISSARIO – Il problema è che lei si ostina a fare la parte di Cappuccetto Rosso, mentre gli indizi sembrano assegnarle quella del lupo, cara signorina.

 

(Lunga pausa di silenzio)

 

FIGLIA – Cosa vuole che le dica, si vede che non riesco a essere convincente. Mi dispiace, ma più di così non co cosa fare.

COMMISSARIO – Come posso accontentarmi di una versione così scialba, così poco convincente?! Tutto apparentemente funziona, tutto è al suo posto. Abbiamo avuto anche un innamorato respinto, che però ha dovuto lasciare la scena del crimine perché da quell’appartamento per ultima è stata vista uscire una donna. E lei è una donna…

FIGLIA – Si certo che sono una donna a tutti gli effetti, anzi sono una donna libera ed emancipata, non lo dimentichi! Mi dispiace dare l’impressione di non voler collaborare. Ma le assicuro che io non ho una verità nascosta capace di spiegare quanto è successo. Perché avrei dovuto colpirla, mi dica lei? Forse per aveva sbagliato le previsioni coi Tarocchi?

COMMISSARIO – Questa sottile ironia non le giova affatto, signorina. Comunque, se la situazione è questa non mi resta che passare l’indagine alla Scientifica. La signora Ebe e l’assassino…o l’assassina hanno bevuto il caffè insieme prima dell’aggressione. Sarà facile a questo punto far parlare le tracce lasciate sulle tazzine. Ci vorrà un po’ più di tempo, ma la verità verrà a galla facilmente, ve lo assicuro! Un avvertimento: quelli della Scientifica saranno molto meno delicati e discreti di me. Preparatevi!

FIGLIA – Non so cosa dire…proceda pure…così almeno sapremo chi ha mentito.

PADRE – Mi scusi, ma cosa comporta l’intervento della Scientifica?

COMMISSARIO – Cominceranno dalla cosa più elementare. Confronteranno le impronte digitali lasciate sulle tazzine con le vostre. E’ una procedura di routine, ma in un caso come questo sarà determinante. C’è poco da fare o coincideranno oppure no. Ma se c’è coincidenza, la colpevolezza è praticamente certa!

PADRE  – Ah, caspita quindi il colpevole… (comincia a barcollare)  Scusate, io non mi sento troppo bene. Tutte queste rivelazioni, queste sottili allusioni…Confesso che sono un po’ smarrito. Signor commissario, mi conceda qualche minuto in bagno. Sa, alla mia età ne ho proprio bisogno.

COMMISSARIO – D’accordo. Per sdrammatizzare le dico “Faccia come se fosse a casa sua”. Prego…

FIGLIA – Papà, hai bisogno di aiuto? Cosa ti senti? Devo chiamare il dottore?

PADRE – No, no, è una sorta di stordimento. Ho solo bisogno di staccare un attimo e mi riprendo subito, sta tranquilla. Scusate, torno subito.

(Lentamente il PADRE esce dalla stanza)

COMMISSARIO – Che problemi ha suo padre? Non mi sembra una persona malata.

FIGLIA – Infatti non lo è. Ha solo un po’ d’ipertensione, che cura da anni. Probabilmente lo stress di questo terribile pomeriggio gli ha fatto salire la pressione. Di solito, ciò gli procura un gran mal di testa e quindi sarà andato a prendersi un analgesico.

COMMISSARIO – Mi dispiace, credo comunque di essere stato abbondantemente dentro i limiti delle procedure previste in questi casi.

FIGLIA – Ma, mi dica, commissario: le piace questo lavoro?

COMMISSARIO – Insomma non demorde. E’ tornata lei a porre le domande. Vuole essere lei ad avere in mano la situazione, non è così?

FIGLIA – Si, ha ragione. Fa parte del mio carattere. Non le sarà difficile cogliere in questo atteggiamento quella componente di mascolinità insita nelle mie preferenze sessuali, che lei così indelicatamente ha rivelato a mio padre.

COMMISSARIO – Il mio lavoro deve prescindere da questo tipo di remore. Per essere franco, io non faccio l’assistente sociale, mi dispiace. D’altra parte non ho fatto che rendere esplicita una scelta che lei in un certo senso aveva già resa pubblica frequentando certi bar e certe discoteche.

FIGLIA – Mi sta forse rimproverando di non aver fatto coming out con mio padre? Io capisco che lei debba mettere in difficoltà le persone per renderle psicologicamente vulnerabili in modo da poterle meglio manipolare.

COMMISSARIO – Le ripeto, signorina, che faccio solo il mio lavoro.

FIGLIA – Un lavoro che prevarica la volontà delle persone. Immagino che al momento del crollo l’indagato, esasperato, viva la confessione come una sorta di liberazione. Ma le ripeto: non è il mio caso. E forse non era neanche il caso di sconvolgere la vita di mio padre, già così segnata dalla perdita della mamma.

COMMISSARIO – Le indagini della Scientifica diranno presto chi tra noi due ha puntato sul cavallo sbagliato, signorina.

FIGLIA – Comunque vada, io e mio padre ne usciremo con la vita sconvolta.

COMMISSARIO – Senta un po’, ciascuno è responsabile delle proprie scelte. Lei non può frequentare alla luce del sole ambienti particolari, chiamiamoli così, e nel contempo pretendere la tutela della privacy, soprattutto in presenza di un omicidio.

FIGLIA – Ma ci sono i diritti delle minoranze sessuali, ne avrà pur sentito parlare qualche volta?

COMMISSARIO – Non ricominciamo per favore! Non sono qui per un dibattito sui diritti civili. Non ho altro da dirle se non consigliarle di controllare meglio la sua sprezzante ironia quando avrà a che fare coi colleghi della Scientifica. Per l’esito delle indagini non è indifferente il comportamento dell’indiziato, anzi…a volte è determinante.

FIGLIA – Cercherò di far tesoro del suo consiglio. Anch’io comunque vorrei darle più che un consiglio, uno spunto di riflessione. Nel rapporto vittima-carnefice, il carnefice può evitare il rischio di diventare a sua volta vittima solo esercitando una continua oppressione sulla vittima. Ciò non spiega solo molte cose tra amanti, ma anche situazioni come quella che sto vivendo, dove il potere pende tutto da una parte, la sua.

COMMISSARIO – Ci rifletterò, signorina, anche se la filosofia politica non è tra i miei interessi prioritari.

FIGLIA – Non stento a crederlo, commissario…

COMMISSARIO – Di nuovo l’ironia aspra e pungente, tipica di chi è in…difficoltà.

FIGLIA – Io non sono in difficoltà, commissario. Sono a disagio, a disagio per il suo intromettersi nel privato delle persone con la spavalderia di chi è sicuro di essere sempre e solo dalla parte del giusto. Non è forse questo il modo per riconfermare il suo potere nei confronti di chi come me in questo momento ne è del tutto privo?

COMMISSARIO – Le persone come lei, trasgressive per il gusto di essere contro,  hanno un evidente problema con il potere. “Autorità” e “autoritarismo” non sono la stessa cosa. Ci rifletta!

FIGLIA – Voi che state dall’altra parte della barricata non capite che c’è bisogno di scardinare le regole altrimenti non cambia niente e tutto…

 

(Improvvisamente si spalanca la porta del bagno da dove esce il PADRE perfettamente vestito e truccato come la moglie defunta. Lunga pausa di silenzio)

 

FIGLIA  (lanciandosi tra le braccia del Commissario e nascondendo il viso sul suo petto) –

Oh mio Dio, ma è la mamma…la mamma…non può essere…non può essere…

COMMISSARIO – Si calmi, signorina, la prego stia calma…

PADRE – Si, in un certo senso sono la mamma. Sono la sua…apparizione, ma più che in spirito, in materia. La mamma non era fatta anche dei suoi vestiti e dei suoi gioielli? Lei dedicava molto tempo alla sua immagine, la considerava qualcosa di astratto, al di fuori di sè. Quando al mattino si preparava era come un artista davanti alla tela bianca. S’immergeva totalmente nella ricerca della bellezza, dell’armonia. Era un susseguirsi di tentativi per azzeccare l’accostamento giusto, l’amalgama più adatto all’umore della giornata.

FIGLIA -Oh mio dio, no papà, ma cos’hai fatto, cosa ti sei messo addosso, pulisciti la faccia, ti prego, non posso vederti così…

PADRE – Tengo il suo guardaroba come un reliquiario. Ogni volta che vesto un suo abito è come se la riportassi in vita. E alla fine, quando stendo sulle labbra il suo rossetto rosso lacca, sento di  restituirle, come in un rito, ciò che la morte le ha tolto.

FIGLIA – Ti prego papà, smettila. E’ pura follia, la tua, un sacrilegio contro la ragione…Spogliati di quelle cianfrusaglie, ritorna te stesso. Farai impazzire anche me, altrimenti.

PADRE – Devi sapere che la cosa più terribile non è la morte, ma la vita, che si deve vivere nonostante la morte. Io non ce l’ho fatta ad accettare la scomparsa della mamma, proprio non c’è l’ho fatta.

FIGLIA – Ma cosa dici? La morte va accettata, papà. E’ nelle cose.

PADRE – Certo avrei potuto indossare la maschera del marito inconsolabile, come giustamente fa la maggioranza. Senza dubbio aiuta a vivere la perdita in modo accettabile, quasi sereno direi. C’è tutto un protocollo che regola i comportamenti del caso, le parole e le frasi da pronunciare, addirittura i pensieri da elaborare per la circostanza. Indossata questa maschera si può continuare a vivere relativamente tranquilli, se non proprio felici. E’ così che capita d’incontrare migliaia di maschere, ma ben pochi volti con cui incrociare lo sguardo!

FIGLIA – Non posso continuare ad ascoltarti! Non capisco di cosa parli!

PADRE – Non potendo accettare quella morte ho creato un surrogato di realtà ridando un’esistenza seppur fittizia a colei che dalla vita è stata estromessa. Più semplice di così… Niente è più complicato della verità. E io, come sai, non amo le cose complicate.

FIGLIA – Ti prego, papà, torna in te! Signor commissario cosa possiamo fare?

COMMISSARIO – Meglio assecondarlo…per ora. Poi vedremo…

PADRE – Non ho voluto fare ciò che fanno “tutti gli altri” per non diventare ”tutti gli altri”! Non potendo vivere senza di lei, avrei potuto togliere la vita a me stesso, certo. Non avete idea di quante volte l’ho meditato. Ho anche cercato di farlo, senza riuscirvi però.

FIGLIA – Ma come papà, hai tentato il suicidio e non me ne sono accorta?

PADRE – Non farti venire i sensi di colpa, non è il caso. Ma lasciami finire, ti prego. Con la forza della ragione, mi ripetevo:  “La vita di per sé contempla la morte”. Ma il mio cuore mi parlava d’altro: “Usa la vita contro la morte” mi diceva. Ed è quello che ho fatto. Ci si sente “nessuno” davanti alla ferocia della vita. Io ho reagito a questa ferocia con la grazia dell’esistenza, tutto qui.

FIGLIA – Ma è una follia, papà non si fa, non si deve fare…

PADRE – Ah no? E perché no? Se gli uomini portano una sola maschera mentre le donne ne portano due, “perfetto”, mi sono detto. Perché non dare a mia moglie una seconda chance, una seconda esistenza? Che male c’è a farla rivivere diventando io la sua immagine? Su andiamo, con tutto  quello che succede là fuori! Avevo a disposizione i suoi abiti, i gioielli scelti con cura, le parrucche confezionate su misura. Perché non restituirle la vita anche se solo per un’ora facendola rivivere in me, usando il mio corpo come una controfigura?

FIGLIA – Ma è assurdo, papà. Non cambia niente questa tua follia, è pura illusione…non cambia la realtà delle cose.

PADRE – Ah si, perché tu credi alla realtà, povera piccola! Ognuno di noi ha la sua di realtà, diversa l’una dall’altra perché fatta del proprio essere, delle proprie esperienze. “io sono colei che mi si crede” dice laconicamente la signora Frola al gruppo dei convenuti, che vogliono sapere come stanno veramente le cose in famiglia. Ed è allora che Pirandello può concludere il dramma con una risata di sfida al buon senso, quel buon senso che induce a credere ci sia un’unica realtà vera: “Ed ecco, o signori, come parla la verità! Siete contenti?

FIGLIA – Ma lascia stare Pirandello, per favore, non siamo a teatro qui…

PADRE – Se non si è capaci di immaginarsi diversi da come si è, è dura sopravvivere alla quotidianità. La vita è piena di sfaccettature, di passaggi bruschi da una dimensione all’altra, oggi poi che tutto è sminuzzato in frazioni di esistenza. Calzare coscientemente una, due, tre…quante maschere ci servono è l’unico modo per uscire indenni da questo frullamento dell’esperienza.

FIGLIA – Papà mi preoccupi, stai delirando…ma cosa dici? Le maschere? ma non siamo a Carnevale!

PADRE – Voi non avete idea della gioia che mi dava rivedere la sua immagine riflessa nello specchio, udire i suoi passi felpati muoversi per casa come solo lei sapeva fare. Era l’unica possibilità che avevo per sopravvivere allo strazio della sua morte. Avrei dovuto rinunciarvi? In nome di che cosa?

FIGLIA – Ma in nome dell’accettazione di ciò che la vita ci riserva, della sua immutabilità, anche tragica certo, ma inevitabile!

PADRE – Riconosco che la mia sia stata una scelta inusuale, ai limiti dell’assurdo. Ma cosa c’è di più assurdo della morte, ditemi? Vivere per poi morire, questo è assurdo! Se il  corpo non può sottrarsi a questo destino,  la volontà di chi sopravvive lo può fare invece. E io mi sono ribellato radicalmente, fino in fondo!

COMMISSARIO – La voglia di ribellione è proprio un vizio di famiglia!

PADRE – Cotrone mi ha ispirato: “C’è forse qualcuno laggiù che s’illude di star vivendo la nostra vita; ma non è vero. Nessuno di noi è nel corpo che l’altro ci vede; ma nell’anima che parla chissà da dove; nessuno può saperlo: apparenza tra apparenza…Un corpo è la morte: tenebra e pietra. Guai a chi si vede nel suo corpo e nel suo nome…”. Ecco, io qui rinuncio alle mie apparenze per rappresentare l’anima di mia moglie!

FIGLIA – Papà ti prego torna in te. E’ colpa mia se sei arrivato a questo punto, adesso me ne rendo conto. Ma possiamo rimediare, vedrai. Io cambierò, sarò più dolce e gentile, ti starò per sempre vicina…ti ho lasciato troppo solo in questi anni.

COMMISSARIO – Guardi che se non si calma dovrò chiedere un T.S.O.…

FIGLIA – Eh no, signor commissario, mio padre non è pazzo. E’ in un momento di difficoltà, di smarrimento. La morte della mamma prima, l’omicidio della vicina adesso, insomma deve capire che c’è un limite alla sopportazione!

COMMISSARIO – Anche la mia di sopportazione ha un limite, non lo dimentichi!

PADRE – Le parole di Pirandello mi hanno confortato nella mia scelta, di cui del resto non mi sono mai pentito finché non è entrata in scena lei, la signora Ebe. Lei ha rovinato tutto, ha sporcato con la sua cupidigia il miracolo che avevo costruito con tanta devozione!

COMMISSARIO – Oh, finalmente siamo tornati al dunque. Allora, perché tutta questa mascherata? Cosa ci vuole dire, infine?

PADRE – Tutto a suo tempo, commissario, come ha detto lei poco fa, tutto a suo tempo. Ogni ingranaggio, anche il più perfetto può incepparsi per colpa di un insignificante granello di polvere. Ed è stata lei, la signora Ebe, il granello di polvere che ha bloccato il mio di ingranaggio.

COMMISSARIO – Per favore, basta con le metafore…sia più esplicito, insomma!

PADRE  – Va bene farò del mio meglio. Anche la signora Ebe viveva di immagini, lei dovrebbe saperlo, signor commissario. Ma non tanto perché dietro quella maschera di persona così fine e disponibile, nascondeva una seconda identità, questo più o meno vale per tutti! No, lei faceva commercio delle immagini in senso proprio…

COMMISSARIO –  La smetta per favore con questo linguaggio così allusivo. Ha ragione sua figlia: non siamo a teatro qui. Si limiti ai fatti, insomma!

PADRE – Che fatica essere didascalici, che noia la descrittività! Ma va bene, ci proverò. Lei vuole dati concreti? Ebbene, li avrà, stia tranquillo.

COMMISSARIO – Lo spero proprio. Ma continui, su andiamo.

PADRE – Immagino sia a conoscenza dei siti per incontri erotici che spopolano su Internet…

COMMISSARIO – Ricominciamo con le domande? Ma siete incorreggibili, voi due!

PADRE – Si, ha ragione, ma era solo un espediente retorico, cerchi di capire.

COMMISSARIO – La prego continui, guardi che siamo ai limiti della reticenza, faccia attenzione!

PADRE – D’accordo, d’accordo. Ebbene, nonostante l’aria tanto per bene e compunta, la cara signora Ebe, si muoveva proprio in quell’ambito.

FIGLIA – Papà, la signora Ebe nei siti porno? ma dai!

PADRE – Si mia cara, proprio così. La maggior parte di questi siti esibiscono giovani fanciulle discinte e disinibite, che con sguardi e pose ammiccanti invitano i maschi a caccia di trasgressione a mostrare non solo il corpo nudo in atteggiamenti inequivocabili, ma anche il viso in  modo da poter registrare in video la birichinata. E’ il modo migliore per poi ricattarli. Se non si paga infatti c’è la minaccia di vedere inviato il video ai contatti, tra cui senz’altro anche quello della fidanzata o della moglie, precedentemente estorti al malcapitato di turno.

COMMISSARIO – Andiamo su, mi vuol far credere che una sessantenne si muoveva con così tanta disinvoltura su questi siti Web?

PADRE – Tra i due sono io piuttosto sorpreso, signor commissario. Come mai non ha ancora svolto indagini approfondite sul passato di quella donna?

COMMISSARIO – Lo farò al più presto, non si preoccupi.

PADRE – La cara signora Ebe si rivolgeva a una nicchia ristretta, ma comunque presente in rete, di uomini interessati a una chiacchierata hard, chiamiamola così, con una donna di classe, ancora attraente anche se non più giovane. D’altra parte le sessantenni di oggi non sono come le quarantenni di una volta?

COMMISSARIO – D’accordo, ma per favore vada avanti?

PADRE – Sembra dunque che la cosa funzionasse, nel senso che per un certo tipo di utenza le forme forse un po’ troppo ammorbidite della signora Ebe, esibite però con un eloquio intrigante e languido, fossero per alcuni preferibili a quelle sode, ma spesso dialetticamente insipide, della solita sgarrupata procace.

COMMISSARIO – Ah, ma dove ha preso questo suo modo di parlare? E’ intollerabile per quanto è contorto. Mi ha già fatto venire il mal di testa. Comunque è sicuro di quanto mi sta dicendo o siamo ancora in clima di teatro, anche se l’autore rappresentato non mi sembra più Pirandello, visti i risvolti della vicenda?

PADRE – Con calma potrà controllare quello che le sto dicendo. La Polizia Postale sarà in grado di fornirle più di una segnalazione in cui era incappata la signora Ebe  dato che alcuni utenti si erano ovviamente ribellati e avevano denunciato il ricatto. Perciò ogni tanto cambiava di residenza, spostandosi da una città all’altra. Aveva bisogno di far perdere le tracce, insomma. Così era arrivata fin qui, dall’oggi al domani, senza tante spiegazioni. E anche la storia del mancato fidanzamento con l’ex-innamorato dell’università rientra in questa casistica. La signora Ebe lo ha mollato così bruscamente, dopo essere stata lei ad averlo ricontattato con la scusa della recente vedovanza,  perché s’era resa conto che lui, morigerato com’era, mai si sarebbe prestato ad atti passibili di ricatto.

COMMISSARIO – Si, va bene, ho capito. Controllerò quanto prima quanto mi ha riferito. Ma tutto questo cosa c’entra con l’aggressione subita in casa?

PADRE – C’entra, e come se c’entra, vedrà. Entrato in confidenza con la signora, che senz’altro stava studiando il modo di ricattare anche me nonostante non navigassi in questi settori del Web, ho commesso un errore irreparabile: le ho confidato il segreto della mia vita.

FIGLIA – Ma allora è da tanto che va avanti questa storia del tuo travestimento!

PADRE – Si, cara, da tanto. La signora Ebe non solo all’inizio si è mostrata molto comprensiva, ma col tempo mi ha invitato a presentarmi a casa sua nelle vesti di mia moglie. Sa, prendere un caffè insieme di pomeriggio era diventata ormai un’abitudine. Purtroppo su quel versante ero molto, troppo vulnerabile. Non ho saputo negarmi. Agire mia moglie fuori casa e in presenza di un terzo avrebbe significato arrivare a una sorta di riconoscimento ufficiale del mio diritto a dare una seconda esistenza a una defunta.

COMMISSARIO – (parlando a se stesso) Una delinquente e uno squilibrato: ma che bella coppia!

PADRE – Non divaghiamo, la prego. E soprattutto si risparmi certi giudizi…Dunque, in uno di questi incontri mi ha proposto di registrare col video la mia performance en travesti in modo da rendere indelebile la mia scelta: “Col video, sua moglie sarà ancora con lei e per sempre” mi diceva per vincere le mie resistenze.

COMMISSARIO – Ok, ho capito, a questo punto il quadro mi sembra abbastanza chiaro…non c’è bisogno che continui, se non se la sente. Possiamo terminare la deposizione in Questura al di fuori di questa atmosfera così….soffocante. Là possiamo mettere tutto a verbale.

PADRE – Mi lasci finire il racconto qui, commissario, la prego. Arrivare all’epilogo di questo dramma in presenza di mia figlia mi serve per sgravarmene. (rivolto alla figlia) Povera piccola, d’oggi in poi sarai sola, sola contro il mondo intero. Perdonami, se puoi, tesoro. Sappi che sei tutta la mia vita.

FIGLIA – Non ti abbandonerò, babbo, io ci sarò sempre per te…vedrai…non temere, qualunque cosa accada.

PADRE – Oh, che conforto queste tue parole. Grazie.

COMMISSARIO – Scusate, ma dovremmo procedere…

PADRE – Dunque registrato il video e rivistolo insieme, dopo qualche giorno arriva puntualmente il ricatto. Voleva del denaro per non diffonderlo. Mi sono rassegnato alla trattativa. Denunciarla sarebbe stato troppo compromettente per me. Sarebbe emerso il mio segreto.

COMMISSARIO – Invece bisogna sempre denunciare. Vede in che guaio s’è cacciato?

PADRE – Ha ragione, ma solo ora purtroppo me ne rendo conto. Ma arriviamo al pomeriggio dell’aggressione. Era il giorno dell’ultimatum. O la pagavo o avrebbe fatto circolare il video mandandolo per primo a mia figlia. Ero pronto a pagare, ovviamente. Per dimostrarle la mia disponibilità mi sono presentato come sempre, vestito da mia moglie, in modo da darle una prova tangibile della mia fiducia nonostante il ricatto. Al momento della transazione però lei si rifiuta di consegnarmi il video. “Questi soldi sono solo perché io non lo renda pubblico, ma il video rimane mio, chiaro!

FIGLIA – Ma era proprio una stronza, questa signora Ebe, chi l’avrebbe mai detto?

PADRE – Queste parole mi hanno gelato il sangue. Ciò significava consegnarmi mani e piedi ai suoi voleri. Avrebbe potuto ricattarmi a vita chiedendomi magari di diventare complice dei suoi loschi traffici. Già esasperato per la lunga trattativa, a quel punto ho letteralmente perso la testa. Mi sono alzato come una furia. Ho visto sul davanzale il vaso delle orchidee in fiore di cui lei andava tanto fiera. L’ho afferrato con entrambe le mani e glielo ho scaraventato in faccia… (lunga pausa) Non ha urlato più di tanto, no! Mi ha invece guardato con uno sguardo fisso, in cui più che paura c’era sorpresa. Poi è crollata al  pavimento.

FIGLIA – Papà, basta ti prego, non voglio sentire altro…

PADRE – Ho lasciato in fretta l’appartamento portando con me il video, non accorgendomi però che la vicina, la signora Flora, stava sbirciando dallo spioncino. Non  vi ho ancora detto che per cambiarmi, quando andavo dalla signora Ebe, usavo l’appartamento sfitto di fianco al nostro. I proprietari, che abitano piuttosto lontano, mi avevano lasciato le chiavi in caso di un sopraluogo urgente da parte dei tecnici incaricati. Grazie a questo rifugio non correvo il rischio di rientrare in casa e trovare mia figlia magari tornata in anticipo dal lavoro, come succedeva a volte e anche quel pomeriggio.

FIGLIA – Quel maledetto pomeriggio…

PADRE – Si cara, quel maledetto pomeriggio. Ma lasciami finire, ti prego. Nell’appartamento dei vicini mi sono cambiato e struccato. Poi sono uscito per la mia solita passeggiata in centro, convinto d’aver solo rovinato un po’ i lineamenti alla signora Ebe, niente di più. Ma purtroppo oggi è arrivato lei col suo messaggio di morte.

COMMISSARIO – Eh certo, lei non aveva calcolato che nel cadere la signora aveva sbattuto così violentemente contro il pavimento da provocarsi un trauma cranico, che l’ha portata  al coma e oggi alla morte.

PADRE – Si, forse ho sottovalutato la cosa, lo riconosco. Sappia comunque che ho mandato io l’ambulanza chiamando il Pronto Soccorso da uno dei pochi telefoni pubblici rimasti in città. Col cellulare sarebbe stato troppo  pericoloso…lei capisce vero…sarei stato facilmente rintracciato.

COMMISSARIO – Ha visto signorina che sono io ad aver puntato sul cavallo giusto. Ah, il “fiuto”,  il “fiuto” del vecchio investigatore …sentivo che uno di voi due aveva a che fare con questo omicidio. Certo che la tecnologia è fondamentale,  spesso anzi risolutiva. Ma mi creda, il “fiuto”,  lo “stare con l’orecchio a terra” rimangono decisivi per individuare il colpevole, se lo ricordi!

FIGLIA – Non si aspetterà che le faccia i complimenti, spero!

COMMISSARIO – No, certo, si figuri. Devo confessare però che mi dispiace per il suo babbo, mi creda…ma così potrà almeno curarsi…rimettersi in sesto con la testa…

FIGLIA – Non sarei così ottimista vista l’attuale situazione delle carceri…

COMMISSARIO – Le prometto che nel mio rapporto metterò bene in evidenza tutte le attenuanti del caso e…non sono poche, mi creda.

FIGLIA – Speriamo. Comunque la ringrazio. (rivolgendosi al PADRE)  E tu papà, ti prego, torna in te, adesso.

PADRE – Lasciami dire un’ultima cosa. Quando il commissario ha parlato della Scientifica e delle impronte digitali sulle tazzine del caffè ho capito che non ci sarebbe stato più scampo per me. Questa mascherata, come l’ha chiamata lui, l’ho fatta solo per interrompere la pesantezza del tuo interrogatorio, per sollevarti dalle pressioni e dai ricatti di cui eri vittima. L’ho fatto per te.

FIGLIA – Si, lo capisco, papà. Ti ringrazio, certo. Ma ricomponiti ora, ti prego. Dovremo affrontare tante difficoltà e dobbiamo essere forti, uniti.

PADRE – Lasciami chiedere un’ultima cosa al signor commissario.

COMMISSARIO – Cosa c’è di nuovo?

PADRE – Mi scusi se approfitto ancora della sua disponibilità.

COMMISSARIO – Mi sembra d’essere già stato molto comprensivo finora.

PADRE – Ascolti! Le propongo di festeggiare questa sua vittoria.

COMMISSARIO – Non c’è niente da festeggiare, le assicuro!

PADRE – Si, invece. Festeggiamo questa sua vittoria con un colpo di teatro!

COMMISSARIO  – Un colpo di teatro? Ma c’è ne è già stato fin troppo qui di teatro.

PADRE – Le chiedo solo di fare con me la scena finale dei “Sei  personaggi…”. Io le suggerirò le battute del Direttore-capocomico, che lei interpreterà sotto la mia direzione.

COMMISSARIO – Ma cosa sta dicendo? Siamo veramente alla follia!

FIGLIA – Accetti, la prego, cosa le costa?

COMMISSARIO – Siete pazzi, entrambi! Screditare così il mio ruolo! Ma io vi sbatto dentro tutte e due…altro che “Sei personaggi…

FIGLIA – La capisco, commissario, ma abbia pazienza. Guardi che forse è l’unico modo per tenerlo tranquillo quando lo porterete via. O vuole il video su You Tube, con mio padre in escandescenze brutalizzato da qualche poliziotto? Sa che quando il soggetto non è tranquillo la situazione può sfuggire facilmente di mano e degenerare in modo deplorevole. Ci sono episodi recenti…finiti in modo tragico…che hanno sollevato forti dubbi nell’opinione pubblica sull’azione della Polizia in situazioni fuori controllo. Ci rifletta bene prima di rifiutare. Dia retta a me, per una volta. E poi tanto nessuno verrà  a saperlo.

COMMISSARIO – Lo spero bene, signorina. Guardi pur di farla finita in fretta … non ne posso più! Siete riusciti a mandare al tappeto anche una vecchia quercia come me. D’accordo, cosa devo fare, mi dica?

PADRE – Grazie commissario, non si pentirà di quest’ultima concessione. Per favore, si metta di lato, un po’ più a sinistra. Assuma un’aria tra lo scocciato e il deluso. Immagini di aver visto sfumare all’improvviso la possibilità di mettere in scena un nuovo dramma per l’inettitudine dei futuri protagonisti. Così. Ecco, apra le braccia e ripeta con me:

PADRE  – “Finzione! realtà! Andate al diavolo tutti quanti!

COMMISSARIO – “Finzione! realtà! Andate al diavolo tutti quanti!

PADRE – Non m’era mai capitata una cosa simile. Mi hanno fatto perdere una giornata…

COMMISSARIO – Non m’era mai capitata una cosa simile. Mi hanno fatto perdere una giornata…

PADRE –  Ehi, elettricista, spegni tutto!

COMMISSARIO – Ehi, elettricista, spegni tutto!

(Buio)

 

 

F I N E